Ricorso della regione Liguria, in persona del suo presidente  della
 giunta   regionale   pro-tempore  dott.  Gian  Carlo  Mori,  all'uopo
 autorizzato con delibera giunta regionale n.  3905  del  15  novembre
 1996  rappresentata  e    difesa  per  procura speciale a margine del
 presente atto dall'avv.  Luigi Cocchi con domicilio eletto  in  Roma,
 Palazzo  Torlonia,  via  Bocca  di Leone 78, presso l'avv. Gian Paolo
 Zanchini, contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona
 del  presidente  pro-tempore,  per  la declaratoria di illegittimita'
 costituzionale dell'art.  11  del  d.-l.  23  ottobre  1996  n.  542,
 reiterativo dell'art. 11 del d.-l.  8 agosto 1996 n. 400.
   La  materia  della  riduzione  delle quote di produzione in materia
 lattiero-casearia ai fini dell'adeguamento  dell'ordinamento  interno
 alle   disposizioni   comunitarie,   e   segnatamente  a  quelle  del
 regolamento C.E.E. 804/1968, e' stata oggetto di  plurimi  interventi
 legislativi dello Stato.
   Per  quanto  qui interessa, il primo intervento che assume rilievo,
 e' quello effettuato con la legge 10 luglio 1991, n.  201,  in  forza
 del  quale,  come riconosciuto da codesta ecc.ma Corte (cfr. sentenza
 n. 146/1996) lo Stato ha compiuto una scelta politica, fatta  sia  in
 sede  parlamentare,  che  governativa,  volta  a  graduare  nel tempo
 l'attuazione della normativa comunitaria  nel  settore  ed  e'  stato
 fissato  a  partire dalla campagna 1991/1992 l'inizio del sistema dei
 prelievi  sulla  produzione  eccedentaria  su  tutto  il   territorio
 nazionale.
   Inoltre,  la  norma  richiamata  regolava il prelievo relativo alle
 eccedenze per le aziende non aderenti ad  alcuna associazione a sensi
 dell'art. 3 d.m. n. 258/1989 e prive di quantitativo di riferimento o
 da aziende aderenti all'UNALAT e alle associazioni, che  non  fossero
 in possesso di indicazioni produttive provvisorie.
   Tale  disciplina,  nei  confronti  della quale sono stati sollevati
 dubbi di legittimita' costituzionale, ritenuti poi  non  giustificati
 da  codesta  ecc.ma  Corte  (cfr.  sentenza  n.  146/1996),  e' stata
 completamente innovata dalla legge 26 novembre  1992  n.  468  e  dal
 relativo  regolamento  applicativo  approvati  con d.P.R. 23 dicembre
 1993 n. 569.
   Secondo tale disciplina, il meccanismo previsto per la  limitazione
 della  nuova  produzione lattiero-casearia ai fini della applicazione
 del regolamento C.E.E 804/1968, prevede:
     per i produttori soci di UNALAT e di AZOLAT l'articolazione delle
 quote  per  consegne  e  vendite  in  due  parti  distinte,  quota  A
 (corrispondente alla indicazione produttiva assegnata per la campagna
 1991-1992)
  e   quota  B  (pari  alla  maggior  quantita'  commercializzata  dai
 produttori nel periodo 1991-1992 rispetto al  periodo 1988-1989);
      per i produttori non aderenti ad  alcuna  associazione,  che  la
 quota  venga  assegnata  con decreto del  Ministro dell'agricoltura e
 foreste,   e   non   possa   eccedere   i   prodotti   effettivamente
 commercializzati e prodotti  nei periodi 1990-1991 e 1991-1992;
     un  meccanismo  di  prelievo  supplementare  per  le consegne che
 eccedono  la  quota  individuate,  da  effettuare  da   parte   degli
 acquirenti,  con  possibilita'  di  compensazione  all'interno  delle
 associazioni di produttori e con possibilita' di recupero all'interno
 della  associazione  dei  prelievi  supplementari   ed   obbligo   di
 versamento  soltanto  di  quelli  che  non e' possibile compensare al
 proprio interno;
     la  possibilita',  in  presenza  di  determinate  condizioni,  di
 ricorrere   alla  compensazione  in  sede  nazionale,  con  peculiari
 modalita' e correlativi effetti.
   Tali disposizioni sono state oggetto di regolamento  di  esecuzione
 approvato con d.P.R. 23 dicembre 1993 n. 569.
   Nell'ambito   di   tale  disciplina,  in  relazione  ai  meccanismi
 previsti, nonche' alle funzioni  spettanti  alle  Regioni  a  statuto
 ordinario ai sensi degli artt. 117 e 188 Cost., sono stati attribuiti
 -  anche in relazione alle funzioni di programmazione di settore loro
 spettanti  -  penetranti  poteri  di  intervento,  di   controllo   e
 repressivi,  poteri connessi alle attribuzioni regionali di rilevanza
 costituzionale, come riconosciuto  ancora  di  recente  dalla  ecc.ma
 Corte con la sentenza n. 534/1995.
   Tale  quadro  normativo  ha subito una modifica a seguito del d.-l.
 23 dicembre 1994 n. 727 e del d.m. 27 dicembre 1994 n. 762.
   Con il decreto-legge n. 727/1994 e' stato ridefinito il  meccanismo
 di  fissazione delle quote per alcune particolari fattispecie, mentre
 e' stato previsto che per i produttori, che hanno ottenuto  con  atti
 formali  alla  data di entrata in vigore della legge 26 novembre 1992
 n. 468  l'approvazione  di  un  piano  di  sviluppo  o  miglioramento
 zootecnico  da parte della regione e che hanno realizzato tale piano,
 la quota di produzione con effetto nel periodo 1995-1996  corrisponde
 alla quota prevista nel piano medesimo.
   Anche  in  relazione  a  tale  norma,  impugnata da alcune Regioni,
 codesta ecc.ma Corte, nel ritenerne nel complesso la legittimita', ha
 tuttavia ritenuto la  illegittimita'  costituzionale  per  violazione
 degli artt.  117 e 118 della Costituzione e del principio della leale
 cooperazione, nella parte in cui - ai fini della determinazione della
 riduzione  delle  quote  individuali  dei  produttori di latte bovino
 dislocati  nel  territorio  di  ciascuna   regione   -   esclude   la
 partecipazione delle regioni interessate.
   Il   successivo   d.m.   27   dicembre  1994  n.  762  ha  regolato
 specificamente una serie di profili rilevanti ai fini della  concreta
 applicazione   dell'istituto   della   compensazione,   espressamente
 prevedendo  che  tale  meccanismo  operi  a  livello   regionale   ed
 attribuisca  alle  regioni ulteriori compiti, nell'ambito di principi
 fiscali fissati, di adozione di disposizioni e di provvedimenti anche
 per l'attribuzione delle quote latte della riserva costituita  presso
 ciascuna regione.
   In  definitiva, dalla normativa previgente e dai principi affermati
 da codesta  ecc.ma  Corte  emerge  inequivocamente  la  spettanza  in
 materia   alle   Regioni   a   statuto   ordinario   di   compiti  di
 programmazione,  di  gestione  delle  procedure,  di   verifica,   di
 controllo    e    di   intervento   rientranti   nelle   attribuzioni
 costituzionalemente garantite in forza degli artt. 117  e  118  della
 Costituzione e del principio di leale cooperazione.
   Di  recente,  risulta adottato il d.-l. 23 ottobre 1996 n. 542, che
 contiene un art. 11, che dispone la  cessazione  della  procedura  di
 compensazione  prevista dall'art. 5, commi 5 e 9, legge n. 468/1992 e
 che gli adempimenti gia' svolti siano privi di  effetti,  sostituisce
 le  precedenti procedure con una procedura di compensazione nazionale
 da parte dell'AIMA e  prevede  nuove  trattenute  nei  confronti  dei
 produttori interessati.
   In  conseguenza  di  tali  norme  -  aventi dichiaratamente effetto
 retroattivo e comportanti la eliminazione dal mondo giuridico di atti
 che avevano ed hanno gia' prodotto ed esaurito i loro effetti, con il
 trasferimento  a  livello  nazionale   della   compensazione   e   la
 sostanziale  espunzione  di  ogni funzione attribuita alle Regioni in
 materia - si sono modificati i parametri di compensazione, con  gravi
 pregiudizi  dei  produttori  liguri,  che  conferiscono  il  latte  a
 cooperative  liguri,  che, mentre nulla dovevano in conseguenza della
 compensazione in sede regionale, si sono visti  esposti  a  rilevanti
 prelievi,  ancorche' avessero impugnato le quote latte loro assegnate
 per il periodo 1995-1996.
   La regione Liguria, ritenuto che la  normativa  introdotto  con  il
 citato  decreto-legge,  e'  invasiva  della sua sfera di attribuzioni
 costituzionalmente garantite, ritiene di impugnare dette norme in via
 principale,  deducendone  la  illegittimita'  costituzionale  per  le
 seguenti ragioni.
                             D i r i t t o
   1. - Premessa.
   La   legittimazione   della  regione  Liguria,  regione  a  statuto
 ordinario, ad impugnare disposizioni legislative  statali,  ancorche'
 introdotte  con  decreti-legge,  non  pare contestabile alla luce dei
 principi ancor di recente ribaditi dalla ecc.ma Corte (cfr.  sentenza
 n. 25/1996).
   Cio'  tanto  piu'  alla  luce  dell'orientamento  successivo  (cfr.
 ordinanza n. 197/1996) che la norma contenuta  in  un  decreto  legge
 vigente  al  momento, in cui l'esistenza nell'ordinamento della norma
 e'  rilevante  ai  fini   di   un'utile   investitura   della   Corte
 costituzionale, ma non piu' in vigore al momento in cui essa rende la
 sua  pronuncia, puo' essere oggetto dello scrutinio alla Corte stessa
 affidato, quando quella medesima "norma" permanga nell'ordinamento in
 quanto  quanto  riprodotta   in   un   decreto-legge   successivo   e
 reiterativo.
   2.  -  Violazione  e/o  falsa applicazione degli artt. 5, 117 e 118
 della Costituzione e principio di leale  cooperazione.
   Secondo i principi affermati  dalla  ecc.ma  Corte  in  materia  di
 attuazione  nell'ordinamento  interno  di  normative  comunitarie  in
 materie rientranti nelle attribuzioni  costituzionalmente  attribuite
 alle  Regioni a statuto ordinario a sensi degli artt. 117 e 118 della
 Costituzione (cfr.  da ultimo sentenza n. 146/1996 in Cons. St. 1996,
 II,  pag.  655)  "la  partecipazione  dell'Italia  al   processo   di
 integrazione  europea  ed  agli  obblighi  che  ne  derivano  si deve
 coordinare con  la  propria  struttura  costituzionale  fondamentale,
 inerente  alla  natura  regionale  dello  Stato,  sulla  base  di  un
 equilibrio - tra garanzia del principio autonomisstico  e  necessaria
 dotazione  di  poteri  statali  anche d'urgenza per il rispetto degli
 obblighi comunitari - fondato sui seguenti principi:
     a) ove l'attuazione o l'esecuzione di una norma comunitaria metta
 in questione una competenza legislativa o amministrativa spettante ad
 un soggetto interno titolare di autonomia costituzionale  (regione  o
 provincia  autonoma),  ad  esso  spetta, normalmente, di agire, entro
 l'ambito  dei  consueti  rapporti  con  lo   Stato   e   nei   limiti
 costituzionalmente  previsti nelle diverse materie, rapporti e limiti
 nei quali lo Stato  e'  abilitato  all'uso  di  tutti  gli  strumenti
 consentiti,   a  seconda  della  natura  della  competenza  dell'ente
 costituzionale, per far  valere  gli  interessi  unitari  di  cui  e'
 portatore;
     b)  posto  che  di  fronte  all'Unione  europea  e'  responsabile
 integralmente  ed  unitariamente  lo  Stato,  a  questo  spetta   una
 competenza di "seconda istanza", che impedisca violazioni del diritto
 comunitario  commissive od omissive, attraverso interventi repressivi
 o sostitutivi e supplettivi, questi ultimi anche in  via  preventiva,
 ma  cedevoli  rispetto  ai  poteri regionali, normalmente competenti,
 ovvero  mediante  leggi  di  principi   e   atti   di   indirizzo   e
 coordinamento, riconosciuti dall'art. 9 legge 9 marzo 1989 n. 86;
     c)  le  norme  comunitarie,  per  esigenze  dell'Unione,  possono
 legittimamente  prevedere  forme  attuative   e   normative   statali
 derogatrici  del quadro delle attribuzioni costituzionali interne, ma
 tale anomala situazione deve derivare con evidenza  dalla  disciplina
 comunitaria    sulla   base   di   esigenze   organizzative   facenti
 ragionevolmente capo alla stessa Unione europea, come  quando  questa
 richiami  un'attivita'  unitaria  a  livello  nazionale  degli  Stati
 membri, sia  per  la  richiesta  unicita'  di  un'attivita'  di  tipo
 programmatorio,  sia per la previsione di una "decisione unica" della
 Commissione avente per destinatari gli Stati come tali".
   La  puntuale  applicazione  di  tali   principi   in   materia   di
 applicazione  del  regolamento comunitario 804/1968 in relazione alla
 normativa interna applicativa di tali principi ha fatto ritenere alla
 ecc.ma Corte nelle occasioni in cui si e' occupata della materia:
     che alle Regioni a statuto ordinario siano attribuiti  poteri  di
 controllo  e  programmazione,  che  non  possono  essere incisi dalla
 normativa statale (sentenza n. 534/1985);
     che   in   materia   la   partecipazione   delle   Regioni   alla
 determinazione  delle  quote individuali e comunque dei meccanismi di
 compensazione sia ineludibile da parte dello Stato.
   Orbene  le  norme  introdotte  con   i   decreti-legge   impugnati,
 segnatamente  laddove abolisce ogni altro meccanismo di compensazione
 sui prelievi, salvo quello  della  compensazione  nazionale  affidata
 esclusivamente all'AIMA, e la determinazione delle quote, affidate in
 via  esclusiva  all'AIMA,  sono  certamente  espulsive  di  qualsiasi
 competenza e/o intervento regionale e contrastano con gli artt. 117 e
 118 Cost., costituendo un meccanismo affidato in via  esclusiva  allo
 Stato e/o ad organi statali.
    3. - Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 117 e 118 della
 Costituzione in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
    La  illegittimita'  costituzionale  delle  norme  sopra  impugnate
 emerge altresi' sotto altri profili.
   A. -  In  quanto  una  cotal  disciplina  comporta  la  sostanziale
 compressione  del  potere  legislativo  e di programmazione spettante
 alle Regioni a statuto ordinario in materia, riservando alle  Regioni
 medesime  in  ruolo  esecutivo (quello di semplice esattore per conto
 dello Stato delle sanzioni applicabili) del tutto non compatibile con
 l'assetto costituzionale derivanti dagli artt. 117 e 118 Cost.
   B. - Poiche',  mediante  una  disposizione  avente  dichiaratamente
 effetto  retroattivo,  si vanificano - del tutto impropriamente ed in
 assenza di qualsiasi  ragione  che  giustifichi  concretamente  detto
 effetto retroattivo - gli atti gia' adottati in materia dalle Regioni
 a  statuto ordinario, incidendo - caducatoriamente - ex post sui loro
 effetti gia' verificatisi.
   C. - Infine poiche' la stessa procedura di compensazione  nazionale
 disegnata  dall'art. 11 decreto-legge n. 542/1996 e dagli artt. 2 e 3
 decreti-legge  n.  463/1996,  senza  la   partecipazione   regionale,
 modifica   la   compensazione   secondo  un  criterio  manifestamente
 illogico,   irrazionale   e   contrario   ai   principi   di    buona
 amministrazione.
   Cio'  in  particolare,  laddove  antepone nei criteri prioritari ai
 fini della compensazione i produttori titolari di quota A e quota  B,
 nei  confronti dei quali e' stata disposta la riduzione della quota B
 (nei limiti del  quantitativo  ridotto),  ai  produttori  delle  zone
 svantaggiate di cui alla direttiva 75/268.
   Tale  criterio,  nella  misura  in  cui  va  a privilegiare criteri
 ovviamente  secondari  (quali  quelli  fondati  su  un   eccesso   di
 produzione  in  periodi determinati) su valori evidentemente poziori,
 quali quelli  relativi  ad  interventi  per  la  produzione  in  zone
 svantaggiate,   gia'  riconosciuti  come  rilevanti  e  di  interesse
 nazionale  e  comunitario,  appare  evidentemente  incongruo  ed   in
 violazione  di  fondamentali  parametri  costituzionali, quali quelli
 invocati in rubrica.
   4. - Contrasto con gli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione e  del
 principio di legale cooperazione in relazione all'art. 12 della legge
 n. 400/1988.
   L'art.  12  della  legge  n.  400/1988,  in  adeguamento ai criteri
 discendenti dalle norme norme costituzionali invocate ed al principio
 di  leale  cooperazione,  ha  istituito  la   conferenza   permanente
 Stato-Regioni  come  sede  di  raccordo  in  materia  di indirizzi di
 politica generale incidenti nelle materie di competenza regionale.
   La conferenza permanente deve essere  sentita  in  particolare  per
 l'adozione  degli  atti  attuativi  delle  discipline  comunitarie in
 materia di competenza regionale (art. 12, comma 5, lett. d).
   Il decreto-legge impugnato, in violazione a tali principi,  non  e'
 stato  preventivamente  sottoposto  alla  conferenza  permanente, pur
 rientrando certamente nelle discipline su cui la stessa  deve  essere
 consultata.